Inverno 1915
Dal 24 maggio l’Italia è entrata in guerra a fianco
della Triplice Intesa per completare il sogno unitario. Al fronte il
mattatoio è già cominciato e durante l’estate si scatena la prima
offensiva italiana lungo il confine Carso Isontino. Con
l’avvicinarsi del freddo e della neve, che presto fermeranno le ostilità
congelando tutto e tutti in un bianco polare, il generale Cadorna ordina
di concludere l’attacco. E proprio in quel primo inverno di guerra si
scrisse una vicenda ormai dimenticata della Brigata SASSARI: la
costruzione di “Borgo Sardegna”, un vero villaggio a soli tre chilometri
dal fronte per accogliere i soldati di rientro dalle trincee. Con tanto
di grande teatro che ospitò spettacoli ed eventi, mentre fuori si udiva
il rombo dei cannoni. Di quel “Borgo” non c’è più alcuna traccia, se non
tre articoli di giornale. Ecco la sua storia (pubblicata di recente sul
periodico annuale “Almanacco di Cagliari” 2018), mentre resta il mistero
sulla località in cui sorse ed ebbe vita almeno sino alla fine della
guerra.
Infatti nelle fonti (gli articoli di giornale e le lettere dei soldati)
non vengono mai citati i nomi dei luoghi e dei reparti a causa della
censura e così resta molto difficile risalire all’ubicazione del
villaggio militare costruito dai Sardi in prima linea.
Gli intrepidi Sassarini
A metà novembre terminò la quarta battaglia
dell’Isonzo con il successo delle truppe italiane che conquistarono le
trincee delle Frasche e dei Razzi. A caro prezzo, con centinaia di morti
e feriti. I Sardi della Brigata SASSARI furono tra i protagonisti
assoluti dell’attacco. Il 13 novembre, dopo un’incursione all’alba degli
arditi, spintisi fin sotto i reticolati degli austriaci per aprire
alcuni varchi, nel trinceramento delle Frasche irruppero i fanti del
151° reggimento al comando del tenente colonnello Emanuele Pugliese.
Dopo un violento corpo a corpo il baluardo austriaco venne espugnato. Il
giorno dopo toccò ai soldati del 152° agli ordini del maggiore Francesco
Dessì. Il nemico venne sorpreso nel sonno e dopo breve resistenza si
arrese. Nelle mani dei “Diavoli rossi”, come verranno chiamati in
seguito a questi assalti i sardi della SASSARI per il colore delle loro
mostrine, finirono 300 austriaci. Nell’altra trincea Pugliese farà 120
prigionieri.
Il Bollettino del Comando Supremo, emanato il 15 novembre, per la prima
volta citò "gli intrepidi Sardi della Brigata SASSARI" che "sulle
'Frasche' resistettero saldamente sulle conquistate posizioni e con
ammirevole slancio espugnarono altro vicino trinceramento detto dei
“Razzi”.
Allo scopo di colmare le perdite conservando il carattere regionale
della Brigata costituita in Sardegna nel marzo precedente, a Sinnai e a
Tempio con i due reggimenti 151° e 152°, il Comando della Terza Armata
ordinò di farvi confluire tutti i sardi sparsi nei vari reparti
dell’Esercito. Nasce così il mito della “Brigata Invincibile”, che già
alla prima prova delle battaglie sul Carso Isontino si era messa in luce
per la temerarietà spinta sino al sacrificio della morte.
Gli austriaci cominciarono a temere quei soldati, piccoli di statura, ma
coraggiosissimi, che si lanciavano all’assalto col coltello in mano. Per
i Sassarini giunse il momento di tirare il fiato, complice il gelo
incalzante dell’inverno del 1915-16, che rendeva impossibile qualsiasi
operazione bellica. In quel periodo la SASSARI trascorse turni in linea,
intervallati da brevi riposi nei baraccamenti lungo il Carso Isontino.
In uno di questi angoli, nel primo inverno di guerra, si inserisce la
storia di Borgo Sardegna. Questa volta non si parla di sangue e
battaglie, ma della vita quotidiana dei soldati, capaci di costruire tra
le trincee un piccolo paese e persino un teatro.
Le vicende di quell’avamposto, nel quale tra gli
uomini si parla solo sa limba sarda, sono raccontate nel numero 13 del
19-26 marzo 1916 della rivista “Gli Avvenimenti” stampata a
Milano dall’Istituto Editoriale Italiano. Si tratta di un settimanale
illustrato di otto pagine che esce ogni domenica, ricco di fotografie e
disegni, dedicato in gran parte alla guerra. Iniziò le pubblicazioni nel
gennaio del 1915 e chiuse nel novembre del 1917. Copia della rarissima
collezione è custodita presso la Biblioteca Nazionale Braidense di
Milano.
L’articolo viene ripreso dai due quotidiani sardi: La Nuova Sardegna,
che lo pubblica nel numero del 27/28 marzo (Un teatro al fronte/Le
pinnette del Borgo Sardegna), e L’Unione Sarda del 29 con un ampio
spazio a pagina 2.
Il giornale cagliaritano titola così: “BORGO SARDEGNA è il nome di una
cittadina improvvisata costruita dai nostri soldati a tre chilometri
dalle trincee nemiche”. Nel ringraziare l’editore de “Gli Avvenimenti,”
che ha inviato le bozze ai giornali sardi, L’Unione evidenza il merito
della rivista per aver dato notizia dell’esistenza di un vero paese
“isolano” a poca distanza dalla prima linea. Autore dell’articolo è il
tenente della riserva territoriale Attilio Frescura che nel 1919
pubblicherà un libro di successo (“Diario di un imboscato”,
ristampato nel 2015 da Mursia) con i drammatici ricordi dell’esperienza
al fronte.
"Per arrivare a Borgo Sardegna - scrive
Frescura - partendo dall’Altipiano di un luogo verso l’antico confine
(citato con il toponimo “Nonsipuòdire” per i divieti della
censura militare, ndr) si passa lungo una meravigliosa strada
costruita per la guerra sulle tracce di una mulatteria costeggiante un
torrente che dà il nome a tutta la vallata e che assai frequentemente
appare nei Bollettini dello Stato Maggiore. La strada, su cui ansano gli
autocarri e rombano le trattrici meccaniche, arriva a un certo punto ove
si trasforma per una lunghezza di 200 metri (ed a meno di tre chilometri
dalle trincee nemiche) in Via Sassari. Già, Via Sassari di Borgo
Sardegna. Perché esiste là una vera cittadina, nata dal nulla, creata
col nulla: il prodotto della guerra che rovina e crea, annienta e
costruisce".
Il luogo esatto è oggi sconosciuto, in mancanza di riferimenti topografici
e di una qualsiasi testimonianza. Secondo lo storico Lorenzo Cadeddu,
esperto delle vicende della Brigata SASSARI a cui ha dedicato una decina
di volumi pubblicati dall’editore Paolo Gaspari di Udine, poteva essere
collocato verosimilmente in un’area che si estendeva tra i comuni di
Villesse e Redipuglia dove erano situati i baraccamenti dei “Diavoli
Rossi” nell’inverno del 1915 dopo le battaglie dei Razzi e delle
Frasche. Nel Diario storico militare del Comando Brigata SASSARI,
infatti, si legge che i due reggimenti erano accampati a Fogliano (151°)
e a Villesse (152).
Alla data del 18 novembre "il Comando di Brigata sopraintende alla
sistemazione delle truppe del Presidio e quindi sollecita la costruzione
di baracche mettendo a disposizione delle truppe del Genio uomini dei
reggimenti dipendenti". "Non sappiamo - sottolinea Cadeddu -
quali fossero i limiti esatti del Presidio, ma se come sembra nei
pressi di questi baraccamenti c'era una fortezza, questo non poteva che
essere Gradisca dove, appunto, c'è un castello. Circa la denominazione
di Borgo Sardegna - conclude lo studioso - è consuetudine dei
militari dare ai luoghi dei nomi che ricordino a tutti chi ha fatto
qualcosa in quel luogo".
Il capitano Attilio Iosto Satta
L’idea di costruire un paese per i soldati della
Brigata regionale venne al capitano Attilio Josto Satta, comandante di
una compagnia di artiglieria, ufficiale sardo che prima della chiamata
alle armi faceva il burocrate al Ministero delle Finanze. La sua
compagnia in realtà era composta in gran parte da soldati romani che "cominciavano
a preoccuparsi del freddo lassù siberiano e del maltempo che è inglese"
(cioè piove sempre). Simbolo del villaggio furono le pinnette che il
capitano Satta, ricordandosi delle tipiche capanne che si trovano nelle
campagne dell’Isola, volle subito costruire. Non c’era mano d’opera, non
c’erano soldi e non c’era materiale. Satta non si perse d’animo e
rapidamente, con le buone e con le cattive, inimicandosi mezzo Esercito,
trovò tutto con un’inventiva certo non da burocrate. Le pinnette vennero
realizzate, secondo una millenaria tradizione, con un muro a secco alto
un metro, di forma circolare, con un diametro di sette metri. Le pietre
vennero recuperate dal vicino torrente e i tronchi dal bosco. Per
coprire le pinnette servivano molte tavole di legno, elementi preziosi
per la vita di trincea, utilizzati per ogni uso. Un po con le urla, un
po con le minacce e le preghiere, furono recuperate, incatramate e
sistemate a spina di pesce a mo' di tetto, per far scorrere bene l’acqua
e la neve.
Al centro una cappa per dare sfogo al fumo. "Perché la migliore
qualità delle pinnette è quella di permettere che si accenda il fuoco e
i soldati o vi stanno attorno o vi lasciano asciugare i vestiti quando
sono bagnati, o coricati stanno caldi con i piedi verso il centro del
cerchi - sottolinea Frescura aggiungendo che - la fama delle
pinnette corse il mondo. Ed il Genio Militare si appropriò dell’idea
costruendone anche di più grandiose".
Così nacque Borgo Sardegna. Ma i soldati di Satta,
chiamati dal tenente Frescura "i Romani", non vollero essere
superati dai "Sabini" del Genio Militare e vollero compiere
un’opera ancor più ardimentosa. E ai piedi di un "glorioso Forte",
a pochi chilometri dal nemico, là dove infuriano i colpi da 305 dei
cannoni, spuntò un autentico teatro.
Frescura illustra in dettaglio come il progetto si trasformò in realtà.
"Era aiutante dei lavori di Borgo Sardegna un tenente territoriale
attore mancato, che in virtù della sua mancata qualità venne incaricato
di accudire ad una grande pinnetta che doveva servire per refettorio,
per convegno, per chiesa ed un poco per teatro".
Approfittando dell’assenza del capitano Satta, allontanatosi per qualche
giorno, e infischiandosi di tutte le altre destinazioni d’uso, il nostro
tenente "fece addirittura inclinare il piano del pavimento e drizzare
tutta l’ossatura in travi. Dalla quale ossatura si poteva indovinare il
suo bravo palcoscenico e due ordini di galleria. Un vero e grande teatro
che poteva accogliere sino a 1500 uomini. E qui al settimo giorno si
riposò attendendo il ritorno del capitano e i probabili arresti. Ma il
capitano tornò e lo abbracciò".
L’inaugurazione. In
un mese il teatro dedicato a Vittorio Emanuele III fu finito, giusto in
tempo per l’inaugurazione fissata l’11 novembre, in cui si doveva
festeggiare il genetliaco del Re. Il pittore Marchetti, un sergente
romano proveniente dal popolare quartiere di Trastevere, decoratori e
stuccatori, in breve completarono le rifiniture. Il giorno prestabilito
si alzò il sipario. Una curiosa epigrafe scolpita su legno ricorda il
nome dell’imbianchino trasteverino che "ha fatto questo teatro a
forza di mortacci e d’accidenti".
Il tenente Frescura chiude il suo articolo sottolineando che "Borgo
Sardegna a fine novembre era un vero paese con un teatro che nelle
nostre città di provincia gli possono invidiare".
CARLO FIGARI
©
2013-2018 - CON LA BRIGATA SASSARI - TUTTI I DIRITTI RISERVATI - ALL RIGHTS
RESERVED
AUT. TRIB. CAGLIARI N. 9/13 DEL 9 LUGLIO 2013 - DIRETTORE RESPONSABILE
PAOLO
VACCA