Il raduno di Capo Frasca
ha mostrato il suo vero volto: una resa dei conti tra i partiti
minori e quelli maggiori. I primi hanno ribadito i loro NO a tutto e
a tutti: prima che ai poligoni militari alla dipendenza della
Sardegna dall'Italia e al “colonialismo sardo”; NO anche
all'industria di stato, alle trivellazioni, all'eolico, al
fotovoltaico, al nucleare, al carbone, ai gassificatori, alla
pipe-line per il gas algerino, e NO o tutt'al più NI, visto che non
gode di simpatie plebiscitarie, anche al turismo.
Stamattina nel leggere sulla stampa la cronaca del raduno indetto al
grido di “No servitù”, c'era da chiedersi perché non si sia
fatto cenno o si siano trattati en passant alcuni dettagli che non
possono essere sfuggiti ad un cronista attento. Quali dettagli?
Eccoli:
1. Lungo la strada non erano poche le
scritte “SI al poligono”.
2. La presenza di “gente istrangia”,
importata temo su commissione per “fare numero”, aveva poco
da spartire con la Sardegna. Cosa ci facessero a Capo Frasca
palestinesi di Gaza e libanesi è tutto da decifrare.
3. Si è impedito ad alcuni gruppi di
manifestare il proprio dissenso… dai dissenzienti
4. Sono stati strappati due striscioni
“Si pro poligono”.
5. Sono stati minimizzati gli atti violenti
contro la base, quasi fossero opera di figli di nessuno, e le
contestazioni contro i politici, in particolare contro l'onorevole
Pili ritenuto animatore della manifestazione.
Sorge quindi legittimo il sospetto che il “popolo sardo”,
tirato in ballo dai vari minipartiti anti-italiani e anti-poligono
presenti al raduno, non sia del tutto d’accordo con i proclami
lanciati nei giorni scorsi e con quanti hanno ironizzato sui 10.000
e passa stipendi a rischio di emigrazione. Forse non si è
considerato che 10.000 stipendi significano 10.000 famiglie. C'è da
chiedersi cosa sarebbe accaduto se queste famiglie, e solo queste,
fossero intervenute al raduno. Certamente la partecipazione dei
dissenzienti sarebbe apparsa poca cosa.
Non è da escludere quindi che il raduno sia stato voluto o favorito
quale campagna politica tesa a dare visibilità ai leader dei partiti
minori o a perseguire interessi che… interessano molto i pochi e
poco i molti. In tal caso “non b’hat òmine”, per dirla
con un'espressione che viene usata nel nuorese per indicare una
persona di non grande spessore o, in senso figurato, una circostanza
che non merita troppa attenzione. Si può tradurre: non c’è sostanza
di uomo oppure non ne vale la pena.
Sic stantibus rebus, che pure sa di nuorese, non guasterebbe che chi
non è d’accordo con quanti vorrebbero la chiusura dei poligoni (che,
non va dimenticato, rappresentano lo 0,5% del territorio isolano e
4% delle coste sarde) e invocano la radicale contrazione dell’intero
strumento militare in Sardegna, incluse Marina e Aeronautica,
nonché, eventualità più grave, il rischieramento della SASSARI nella
penisola, non guasterebbe che costoro, dicevo, facessero sentire
democraticamente, ma con decisione, la loro voce… prima che sia
troppo tardi.
Anche per lanciare un messaggio alternativo ai partiti sardi, sia
quelli maggiori sia quelli dello zero virgola: la nostra
isola ha bisogno di progetti che valorizzino le sue potenzialità e
non di operazioni che la privino del poco che ha.
La Maddalena docet a nord e Decimomannu incombe a sud; anche qui,
come oggi giustamente titola “L'Unione“: “Se chiude
la base sarà la fame”.
Gen. Nicolò Manca
SINNAI, 14 SETTEMBRE 2014.
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VACCA
GEN. NICOLO' MANCA
28° Comandante (e primo sardo) della Brigata SASSARI
Si dimise dall'Esercito in segno di protesta per la campagna di stampa
contro le Forze Armate dopo la missione Ibis in Somalia. Nel 2013
ha restituito le onorificenze di Cavaliere, Ufficiale e Commendatore
dell'Ordine “Al merito della Repubblica Italiana” per protestare per
il comportamento dei politici nel caso dei Fucilieri di Marina tenuti
in ostaggio in India
il
punto di
GIANGABRIELE CARTA
IL POLIGONO
DI CAPO TEULADA E LA BRIGATA SASSARI
il
punto di
NICOLO' MANCA
POLIGONI
MILITARI, SALUTE E TUTELA DELL'AMBIENTE
lettera aperta
al Presidente Regione Autonoma Sardegna, Francesco Pigliaru
RENATO CAMMARATA
DELEGATO COCER ESERCITO