continua il contributo dei nostri lettori al dibattito sul tema della presenza militare in Sardegna
Accogliere la democrazia come
valore principale è un fatto che importa diverse conseguenze
accessorie, prima tra tutte quella che consente a chiunque di
poter parlare e, per converso, a ciascuno di sentir parlare gli
altri. Esattamente questa è la considerazione che mi ha spinto, dopo
averne appunto “sentito parlare” in abbondanza, a scrivere
due parole sul tema della presenza militare in Sardegna e relative
conseguenze.
Scrivo senza essere coinvolto in nessuna delle parti in causa, dato
che non faccio parte né rappresento in alcun modo e a nessun titolo
le Forze Armate o gli ecologisti e tutti gli altri “-isti”
che si contrappongono ai militari in questa querelle. Non facendo
capo a nessuno dei due schieramenti, mi permetto di far partire il
mio discorso dai fatti, od almeno da quelli che sono a disposizione
del cittadino medio.
E’ un fatto che in Sardegna ci siano i militari. Ed a dare retta ai
mass-media ce ne sono pure tanti (forse troppi?), sia in rapporto
alla media delle singole Regioni italiane, sia in relazione alla
somma di tutte loro messe insieme. Da ciò discendono ulteriori
fatti: una forte presenza militare richiede spazio - sottratto, di
conseguenza, al pubblico godimento - e un grande impegno economico
da parte del Paese.
Questo quadro sintetico delinea già da solo i principali elementi
degli opposti schieramenti di questa scacchiera; da una parte gli “-isti”
che rimproverano lo Stato di sperperare le sue già magre risorse per
dedicarsi ad attività concettualmente sbagliate (pacifisti), che
inquinano ed avvelenano la terra sottratta alla popolazione
(ecologisti) o che, comunque, sono di secondaria importanza di
fronte ad altre attività di rilevanza nazionale come Istruzione e
Sanità, e dall’altra i militaristi (spiccioli) che difendono lo
status quo affermando trattarsi di un “peso necessario” che,
comunque, porta un gran numero di buste paga in un territorio che ne
ha sicuramente molto bisogno.
E’ sicuramente vero che tutto quanto sia connesso alla Difesa
comporti delle spese, anche forti, sia dal punto di vista
territoriale che monetario. Chi lancia il relativo “j’accuse”
- e non ha del tutto torto - dimentica però che il complesso “Forze
Armate” e quanto ne consegue costituisce lo sviluppo materiale
di uno dei doveri e delle funzioni principali ed inderogabili dello
Stato al pari di altri, con buona pace di chi considera lo scopo
finale che storicamente si ricollega a questo ambaradan eticamente e
moralmente sbagliato o anche semplicemente secondario rispetto ad
altri.
Essendo quindi la Difesa una delle attività inderogabili, al pari di
altre, a cui lo Stato deve attendere, non mi pare che si possa dire
che essa sia più o meno importante perchè il suo scopo ci piace meno
o perchè la sua applicazione ci sembra più remota rispetto a
faccende più immediate, come appunto Sanità o Giustizia. Questo
discorso rischia di condurre, è il caso di dirlo, ad un campo
minato: sembra la storiella di chi non assicura la propria vettura
perchè si ritiene un guidatore prudente - ed usa quei soldi per i
più svariati fini di sussistenza - e poi, dopo l’unico incidente che
ha fatto, si trova a dover dare in pegno i futuri guadagni della
famiglia fino al settimo figlio del settimo figlio per coprire i
danni.
Per di più chi punta il dito contro lo spauracchio delle “basi
militari” è di norma - e giustamente - tra i primi a richiedere
il pronto intervento dei militari nelle situazioni di emergenza
civile, situazioni in cui l’efficacia dell’attività prestata dipende
anche e soprattutto dalla presenza sul territorio e dall’impiego
immediato di mezzi e risorse che, senza quella spendita di risorse a
monte, non sarebbe possibile.
Quindi, da un certo punto di vista i militari in Sardegna come in
tutta Italia sono necessari ed, in termini iperbolici, un cattivo
gioco a cui dobbiamo fare buon viso al pari degli altri obblighi che
l’appartenenza ad uno Stato ci impone, come il pagamento delle tasse
relative all’istruzione, senza nasconderci dietro il metaforico dito
del “c’è altro più importante” (a furia di sottrazioni
graduali, infatti, una persona potrebbe legittimanente dire che non
gli importa di pagare la tasse relative alla Scuola od alla Sanità,
perchè tanto lui a scuola mica ci va).
D’altro canto bisogna anche smorzare, e di molto, le posizioni dei
militaristi.
E’ indubbio che una corposa attività militare provochi un certo
indotto e “porti buste paga”. Questo non è però un
ragionamento che possa in alcun modo donare validità ad una
posizione che di per sé non ne ha di intrinseca.
Non è questo il caso, certo, ma parametrare la bontà di una cosa,
qualsiasi essa sia, principalmente alla consistenza del ritorno
economico per la popolazione interessata è una linea di pensiero che
alla prova dei fatti e della storia ha dato vita alle peggiori
speculazioni ed anche a qualcosa di peggio. Per di più utilizzare
una simile leva nei confronti di una popolazione che è visibilmente
schiacciata dalla crisi, dimostra una povertà argomentativa che chi
rappresenta uno dei compiti primari dello Stato non può permettersi
di avere, al pari di quanto si è detto sopra per le posizioni degli
“-isti”.
Per ricollegarmi ai fatti esposti all’inizio, l’impegno che la
Sardegna mostra nel contribuire a questa come ad altre esigenze
dello Stato è tangibile, sostanziandosi in una forte limitazione al
godimento di zone del suo territorio, zone in linea di massima
caratterizzate anche da un forte valore paesaggistico ed ambientale.
Se questo sacrificio è indubbio, come è, ed è maggiore di quello che
grava sulle altre Regioni ed addirittura sulla somma di tutte loro,
il ritorno che la Sardegna dovrebbe trarne deve essere adeguato.
Il condizionale in questo caso è d’obbligo, dato che questo supposto
“ritorno” la Sardegna non lo vede, e non perchè non ci sono
montagne sufficientemente alte per scorgerlo in lontananza.
I problemi dell’Isola sono tanti e sono evidenti, in parte comuni a
quelli delle altre Regioni ed in parte specifici: il metano è un
miraggio, i trasporti sono funestati da strade mai adeguate e mai
finite, le rete ferroviaria è impelagata in un groviglio di Möbius
che non consente ai treni di essere efficenti ed efficaci e la tanto
sbandierata continuità territoriale resta una favola a cui hanno
smesso di credere tutti, in particolare i giovani che a colpi di
tariffe aeree a tre cifre hanno rapidamente capito che la gabella
dell’insularità strappa loro ben più del cinematografico “fiorino”,
anche soltanto per andare a sostenere un concorso in una diversa
regione.
In sostanza, senza condividere la faciloneria con cui gli uni o gli
altri si accodano alla posizione affermativa o negativa circa la
presenza dei militari in Sardegna, mi sento di esprimere il mio
parere positivo circa questa presenza. Ad essa deve però
accompagnarsi un impegno altrettanto grande da parte di chi impone
alla Sardegna questi sacrifici, affinchè a tanti e tali disagi
corrispondano equipollenti misure di incentivazione specifiche, tese
quantomeno ad equilibrare la situazione a quella delle altre
Regioni, dato che come una di esse lo Stato la considera.
Di necessità bisogna far virtù, ma senza esagerare.
LAMBERTO BACCHIS
15 FEBBRAIO 2016
capo teulada - esercitazione nato destined glory 1996: autorità militari italiane e alleate seguono da un osservatorio una fase dell'attività addestrativa.
gen.
giangabriele carta: Solo due precisazioni al bel
commento di Lamberto Bacchis, che dal cognome potrebbe essere di
Siliqua o, come me , di Domusnovas. L'affermazione che vuole che la
presenza militare in Sardegna sia la più numerosa tra le Regioni
italiane è totalmente inesatta. Infatti è il Lazio ad avere il più
alto numero di militari, seguito dalla Sicilia, da Puglia, Campania,
Friuli, etc. La Sardegna viene dopo perchè l'Esercito ha solo la
Brigata SASSARI che però, rispetto alle altre 10 Brigate
dell'Esercito, è l'unica a non avere il Reggimento di Cavalleria, il
Reggimento di Artiglieria ed il Reggimento logistico.
Se poi parliamo di Marina Militare la presenza,
ridimensionata clamorosamente La Maddalena, è limitata a pochi
uomini a Cagliari e alle Capitanerie di Porto. Per l'Aeronautica,
trasferito nel 2002 il Gruppo di volo Antisom in Sicilia, chiuso il
31 dicembre 2015 il Distaccamento Aeroportuale di Elmas, rimangono
un migliaio di uomini a Decimomannu. Chissà per quanto! Ricordato
infine che il demanio militare incide sul 4% delle coste e sullo
0,5% del territorio, ci sarebbe da chiedersi: cosa abbiamo fatto per
mettere a frutto il restante territorio libero da ogni vincolo
militare?
Quanto alle zone di forte valore paesaggistico ed
ambientale, che non consentono un pieneo godimento da parte della
popolazione, sig. Bacchis lei ha ragione. Resta solo da considerare
che cosa sarebbe oggi della magnifica Sella del Diavolo e delle
spiagge di Murtas, Cala Zafferana etc. senza i vincoli militari!
Sulle altre sue considerazioni, non si può che concordare. Ma qui ci
sarebbe da parlare a lungo e spero di incontrarla di persona quando
le farà piacere farlo.
16 FEBBRAIO 2016
lamberto
bacchis:
Generale, grazie
per aver letto il mio intervento e per l'apprezzamento. Ma la sua
puntualizzazione mi consente di mettere in evidenza un particolare:
nella mia analisi - come ho scritto in apertura - sono
partito dai fatti, o almeno da quelli che sono a conoscenza del
cittadino medio.
E gli articoli di stampa e i video, che ho trovato sul web
utilizzando un motore di ricerca, riportano dati e cifre che fanno
pensare ad un'isola militarizzata, bombardata, inquinata. Ma non ho
trovato, se non su questo giornale online e in misura ridotta, dati
certi e "certificati" sulle aree occupate dai militari in Sardegna,
sia demaniali, sia quelle oggetto di servitù. E non ho trovato
neanche materiale che aiuti a capire quali installazioni, ormai non
più in uso, siano già state cedute dalla Difesa alla Regione Sarda.
17 FEBBRAIO 2016
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VACCA
il
punto di
GIANGABRIELE CARTA
IL POLIGONO
DI CAPO TEULADA E LA BRIGATA SASSARI
il
punto di
NICOLO' MANCA
POLIGONI
MILITARI, SALUTE E TUTELA DELL'AMBIENTE
lettera aperta
al Presidente Regione Autonoma Sardegna, Francesco Pigliaru
RENATO CAMMARATA
DELEGATO COCER ESERCITO
ANTONSERGIO BELFIORI
Delegato Nazionale
COCER INTERFORZE