SILVIA AMADORI
MASSIMILIANO CARBONI
ROSSELLA LAQUALE
ELISABETTA LOI
NICOLO' MANCA
LUIGI MOI
VALENTINA MURA
DEBORA MUSU
EBE PIERINI
ALBERTO PINNA
MARIO PINNA
OLIVIERO PLUVIANO
MAURIZIO SULIG
20 GENNAIO 2012 - Quindici chilometri che
sembrano un’infinità. Quindici chilometri percorsi in moto sfidando la
sabbia sottile come borotalco. La paura di non raggiungere in tempo la
meta. Il dolore che morde. Il sangue che scorre. Fatima è giunta
all’ingresso di fob Lavaredo, a Bakwa, nel sud est dell’Afghanistan,
avvolta in una coperta, portata dal fratello, per chiedere aiuto ai
medici della base italiana. Non aveva più il braccio destro. Strappato a
causa di un incidente. I suoi abiti erano rimasti incastrati negli
ingranaggi di un pozzo e ciò ha provocato la lacerazione dell’arto. Ha
10 anni Fatima ma è talmente minuta che ne dimostra meno.
A soccorrerla il team medico della base di Bakwa guidato dal capitano di
fregata Damiano Guadalupi e composto anche dal capitano Antonio Saponaro
e dal maresciallo Giovanni Quero. Immediatamente hanno arrestato
l’emorragia e stabilizzato la bambina. È stato necessario anche
intervenire sulla mano sinistra in quanto nell’incidente la piccola ha
riportato anche l’amputazione del pollice sinistro oltre ad una profonda
ferita al collo.
“Abbiamo cercato di recuperare l’arto della bambina e per fare questo i
nostri militari hanno dovuto raggiungere il villaggio a 15 chilometri di
distanza dalla base – racconta il capitano di fregata Damiano Guadalupi,
47 anni, originario di Brindisi e in servizio al reggimento San Marco –
Abbiamo organizzato il trasferimento della piccola e dell’arto ad Herat
a bordo di un black hawk americano. È stata una procedura laboriosa ed è
stato necessario un intervento del Regional Command West. Quando è
giunta a destinazione Fatima è stata accolta dai medici del Role 1 di
Herat e poi è stata trasferita all’ospedale pediatrico cittadino.
Purtroppo non è stato possibile reimpiantare il braccio”. Fatima ora sta
meglio ed è rientrata al suo villaggio. Probabilmente per lei sarà
realizzata un protesi.
“La storia della piccola afgana ha commosso tutta la base di Bakwa –
racconta il capitano di vascello Giuseppe Panebianco, comandante del
reggimento San Marco e della Task Force South-East – Ogni giorno i
nostri medici, sia qui che nel Gulistan assicurano assistenza sanitaria
agli afgani che giungono alle porte delle nostre basi. Sono centinaia le
persone che sono state visitate da quando siamo qui”.
“Da noi vengono essenzialmente uomini, di tutte le età e bambini –
spiega il comandante Guadalupi – Qui a Bakwa si è presentata una sola
donna mentre in Gulistan è più frequente che ricorrano alle cure del
nostro medico. I neonati vengono sempre accompagnati dal padre, dai
fratelli o dagli zii, mai dalla madre. Il nostro è l’unico presidio
sanitario qualificato in tutta l’area. Le patologie più frequenti sono
quelle dermatologiche e gastrointestinali ma si registrano anche
parassitosi e malattie da raffreddamento. Sono alla mia prima missione
in Afghanistan ed ho preso coscienza di una realtà di povertà assoluta,
soprattutto nel distretto di Bakwa. Ciò mi ha fatto riscoprire
quell’approccio più “primitivo” del medico al paziente. Occorre far
ricorso alla clinica propriamente detta e occorre farlo con i pochi
strumenti a disposizione, con mani, orecchie e occhi perché non c’è la
possibilità di rimandare ad esami di laboratorio più approfonditi”.
“Non è la prima volta che vengo in Afghanistan. La scorsa volta ho
potuto lavorare nella zona di Herat e per un breve periodo anche in
Gulistan e la cosa che mi ha sorpreso di Bakwa è il grado di povertà e
di arretratezza della popolazione – conferma il capitano Antonio
Saponaro, 37 anni, originario di Carovigno, in provincia di Brindisi,
specialista in cardiologia presso il policlinico militare del Celio, a
Roma – Qui manca praticamente ogni tipo di facility sanitaria e, per
quanto ho potuto constatare, anche una scuola propriamente detta. Dal
punto di vista professionale la missione è stata, come sempre,
impegnativa e non priva di qualche soddisfazione soprattutto per il
supporto che abbiamo potuto dare ai locali. Dal punto di vista personale
ed umano è stata sicuramente una delle più fortunate. Il reggimento San
Marco, con cui mi sono trovato a lavorare in maniera del tutto casuale
per via dei nostri turni di impiego all’estero, è servito
prevalentemente da personale delle provincie di Brindisi e Lecce, ho
anche trovato 3 fucilieri di Marina del mio paese. Per me è stato come
avere l’opportunità di lavorare a casa per due mesi – racconta
l’ufficiale medico – Ricordo un aneddoto curioso di questi mesi di
missione. Ho visitato un afgano che aveva il quinto dito del piede
sinistro completamente in necrosi. Pare si fosse rivolto ad una storta
di medico del luogo per un importante mal di schiena e questo ha pensato
bene di curarlo con una martellata sul dito del piede. Con il collega
non volevamo credere alle nostre orecchie, ma il racconto ed il tipo di
lesione sono stati assolutamente convincenti. Unica nota positiva, il
mal di schiena era passato davvero”.
Storie di povertà e di miseria. Ma anche storie di speranza come quella
della piccola Fatima. Con lei la vita è stata dura ma ha messo sulla sua
strada persone speciali come i medici militari di Bakwa. Probabilmente
non le servirà per sfogliare le pagine di un libro e non la userà
nemmeno per scrivere ma con la sua protesi potrà vivere una vita quasi
normale.
EBE
PIERINI
TRATTO DAL SITO
IL TEAM MEDICO DI BAKWA
Il Capitano di fregata medico Damiano Guadalupi
Il Capitano medico Antonio Saponaro
NATALE IN AFGHANISTAN PER 4.200 MILITARI ITALIANI
25 Dicembre 2011 -
“Signore è Natale. Sono in Afghanistan, milite in
una terra che non ti conosce. Ma oggi è la tua
festa, è la festa della tua venuta in mezzo a noi”.
È con questo verso che si apre la preghiera recitata
da un soldato durante la messa di Natale a Camp
Arena, ad Herat.
In centinaia si assiepano nell’hangar nel quale è
stato allestito un piccolo altare e dove il
cappellano militare, don Gianmario Piga, celebra la
messa. Dietro l’altare un albero di Natale addobbato
con le letterine scritte dai bambini sardi e afgani
ai soldati in missione. “Ma perché se fare il
militare ti costringe ad andare sempre via da casa e
dalla tua famiglia non cambi lavoro?” chiede, tra le
righe della sua missiva, una bambina. “Caro soldato,
ho perso il mio elicottero telecomandato. Non è che
per caso tu che sei in missione lo ha ritrovato?”
scrive un altro bambino. Strappano un sorriso questi
messaggi. Ti riscaldano il cuore.
Un’emozione in crescendo la celebrazione del Natale
in Afghanistan. Gesù bambino è adagiato su una
sciarpa della brigata Sassari. Il coro composto da
militari italiani e stranieri accompagnato dalla
chitarra e dalla batteria intona canti natalizi in
italiano, inglese e spagnolo. “Bianco Natal” e “Tu
scendi dalle stelle” si arricchiscono di strofe
scritte per l’occasione che ricordano i cari lontani
e le case in Italia. Don Gianmario e tre militari
della brigata Sassari intonano un canto dedicato
alla Madonna in sardo e un brivido pervade
l’assemblea.
Un’omelia meravigliosa quella del cappellano che
riesce a stento a trattenere le lacrime quando parla
dei bambini afgani e del loro futuro affidato in
parte anche all’impegno dei soldati italiani. E poi
ricorda i piccoli che i militari hanno lasciato a
casa e che attendono fiduciosi il ritorno dei
genitori.
Si ha l’impressione che per una sera il freddo non
si senta. Centinaia di cuori che battono
all’unisono. Un’unica grande famiglia riunita in un
hangar. Fratelli pur non essendo legati da alcun
vincolo di parentela. Quando scatta la mezzanotte
tutti si scambiano gli auguri. Si beve insieme un
bicchiere di cioccolata calda e si assaggia una
fetta di panettone.
È già Natale. Ma è un giorno come tutti gli altri in
Afghanistan. I piloti sono in volo, i Predator
continuano a sorvolare il percorso dei convogli, i
ragazzi nelle fob e dei cop non abbandonano le loro
posizioni. In base ognuno compie il suo lavoro come
fosse una domenica qualunque.
Il generale Luciano Portolano ha rivolto il suo
augurio in vista del Natale a tutti i militari del
Regional Command West, il comando a guida italiana,
su base brigata Sassari. “Grazie a tutti voi per il
supporto che mi state dando. Gli italiani vi sono
riconoscenti per i vostri sforzi. A nome del popolo
italiano e degli stati maggiori io vi ringrazio.
Grazie per il vostro operato e per i risultati
raggiunti nel settore ovest che sono frutto della
vostra dedizione, del vostro sacrificio e delle
vostre capacità professionali”. Non è mancato
ovviamente un sentito ringraziamento da parte del
generale Portolano nei confronti di tutti gli uomini
che hanno trascorso il Natale nelle varie fob, le
basi italiane avanzate da Bala Murghab a Shindand,
da Farah a Bakwa, da Bala Balouk al Gulistan, dove
si trovano alcune centinaia di uomini e nei cop, gli
avamposti più avanzati dove vivono solo poche decine
di uomini.
“Signore, è Natale. Noi siamo qui, in questa terra
afgana, lontani dai nostri affetti e dai nostri
cari, lontani dalla nostra famiglia. Ma in te,
vogliamo sentirci vicini. Il mio cuore, come il
cuore della mia famiglia, desidera adorarti. Dona la
tua pace sulla mia casa, accompagna i miei figli
nella loro crescita, la mia amata sposa nei suoi
sacrifici e rafforza l’unione dei nostri cuori”. Con
questa preghiera si conclude la notte di Natale ad
Herat.
EBE PIERINI
TRATTO DAL SITO http://www.italnews.info/
EBE PIERINI
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